- Il Borgo Orefici e l’arte orafa napoletana tra storia e tradizione - 12 Settembre 2016
Da secoli, la tradizione dell’arte orafa napoletana ha saputo distinguersi, per ricchezza, creatività e inventiva. I segreti di quest’arte si tramandano di generazione in generazione, e grazie all’utilizzo delle tecnologie più innovative, l’oreficeria napoletana è in grado di dare lustro a tutta la città. Il Borgo degli Orefici, per secoli, è stato centro e cardine di quest’arte; il borgo si articola da Piazza Nicola Amore a Piazzale Ruggiero Bonghi, e al suo interno operano i maggiori esperti del settore: artigiani, incisori, incastonatori, cesellatori e indoratori. Da sempre, i lavoratori di gioielleria e oreficeria di Piazza Orefici si sono avvalsi della collaborazione di questi abilissimi artigiani.
Da secoli, la tradizione dell’arte orafa napoletana ha saputo distinguersi, per ricchezza, creatività e inventiva. I segreti di quest’arte si tramandano di generazione in generazione, e grazie all’utilizzo delle tecnologie più innovative, l’oreficeria napoletana è in grado di dare lustro a tutta la città.
Il nucleo originario del Borgo nacque come aggregato di corporazione in epoca medievale, quando la regina di Napoli Giovanna I d’Angiò concesse, alle botteghe artigiane, il riconoscimento ufficiale. In realtà, la prima maestranza orafa proveniva dalla Francia, ma gli artigiani napoletani non impiegarono molto tempo ad affiancarli, prima, e a soppiantarli completamente, poco dopo: essi riuscirono, in tal modo, a creare unatradizione genuinamente napoletana, che fu riconosciuta, per il suo valore, in tutta Europa; non a caso, è proprio nel Borgo che sono state fuse, battute e realizzate le sontuose statue e i ricchi arredi del celebreTesoro di San Gennaro, come di molte altre chiese della nostra città. Altra peculiare caratteristica della vita del Borgo era l’udienza: quattro Consoli della Corporazione, posizionati al centro di Piazza degli Orefici, avevano il compito di supervisionare e controllare il lavoro degli artigiani. Facendo un salto temporale, nell’Ottocento le lavorazioni in argento si attestano sia per ornamento sia per uso quotidiano: una richiesta proveniente da tutte le classi sociali. La legge sulla fabbricazione dell’argento era cambiata, e prevedeva nuovi tipi di punzonatura, come il triplice bollo formato dalle iniziali del nome e cognome del fabbricatore. Arrivando a tempi più prossimi, a partire dal 2000 circa i soci del Borgo hanno sentito l’impulso necessario per la trasformazione dell’associazione in consorzio, spinti anche dalle nuove esigenze di mercato e dall’allargarsi dello scenario economico per effetto della globalizzazione. L’obiettivo del Consorzio era quello di tutelare le imprese con interventi di sostegno economico e di riqualificazione territoriale: fu creata, infatti, un’area pedonale che permetteva piacevoli passeggiate per ammirare le vetrine degli orefici.
La prima maestranza orafa proveniva dalla Francia ma gli artigiani napoletani non impiegarono molto tempo ad affiancarli, prima, e a soppiantarli completamente, poco dopo: essi riuscirono, in tal modo, a creare una tradizione genuinamente napoletana, che fu riconosciuta, per il suo valore, in tutta Europa; non a caso, è proprio nel Borgo che sono state fuse, battute e realizzate le sontuose statue e i ricchi arredi del celebre Tesoro di San Gennaro, come di molte altre chiese della nostra città.
Oggi, gli artigiani orafi sono i depositari dei segreti di quest’arte, che si tramandano di padre in figlio, ma sono anche abili commercianti e imprenditori di nuova generazione. Con il termine oreficeria andiamo a indicare l’arte della lavorazione dei metalli nobili, vale a dire l’oro e l’argento; la lavorazione di questi due metalli si suddivide in due categorie: i vasi ed i gioielli. Nell’antichità, il principale centro dell’arte orafa era costituito dai territori dell’Impero Romano e, in seguito alla sua caduta, l’arte orafa si spostò a Oriente, nell’area dell’Impero Bizantino; gli esiti furono diversi: per quanto riguarda le opere greche e romane, si prediligeva una decorazione di tipo plastico, mentre a Bisanzio venivano utilizzati ornamenti dal gusto articolato e vivace. L’arte orafa sviluppatasi durante l’impero romano si conservò in Gallia, in Germania e Inghilterra. In Germania i centri orafi erano, principalmente, monasteri, e gran parte della lavorazione riguardava la produzione di arredi liturgici. Un altro stile che caratterizzò l’arte orafa è il gotico, che trovava espressione in lavorazioni artistiche in argento dorato rifacendosi all’architettura dell’epoca: questo stile fu associato all’oreficeria sacra, e adottato per gli arredi ecclesiastici. In seguito, la chiesa non fu più l’unico acquirente dei lavori di oreficeria: lo furono anche le corporazioni, i consigli comunali, la nobiltà e, soprattutto, la borghesia in ascesa; l’abbondanza dell’argenteria del comune indicava, infatti, la potenza e la ricchezza della città. Con il Rinascimento si diffuse un artigianato di lusso, come quello dell’oreficeria, e aumentò la produzione di gioielli: centri principali furono Firenze, Roma e Venezia. Durante questo periodo, una figura di rilievo fu Benvenuto Cellini, la cui maggiore opera fu laSaliera di Francesco I (1540-1543), realizzata in ebano, oro e smalto, e ornata con figure allegoriche: il dio del mare Nettuno e, probabilmente, la dea della terra Gea. Il Rinascimento italiano influenzò fortemente l’arte orafa tedesca, francese e austriaca, e durante il periodo di massimo splendore espressivo e stilistico, con il suo gusto raro e artistico trovò corrispondenza nell’esaltazione dell’epoca e nel desiderio del nuovo. L’argenteria raggiunge, invece, l’apice nel XVIII secolo, quando dal Messico giunsero ingenti quantità d’argento: in quest’epoca l’argento era il materiale preferito, ed era molto diffusa la combinazione di argento con smalto dipinto. Un altro stile rappresentativo fu il Neoclassicismo, che trovò terreno fertile in Inghilterra: uno dei maggiori centri dell’arte neoclassica, in tal senso, fu la cittadina inglese di Sheffield, dove nel 1743 l’argentiereThomas Boulsover utilizzò, per la prima volta, un processo di fusione in cui il rame viene ricoperto da uno strato di argento, da cui la famosa locuzione Sheffield plate. In Francia, sotto Luigi XV, si ebbe una enorme produzione d’argento. Con il Rococò, nella prima metà del Settecento, le produzioni erano caratterizzate da superfici ondulate, rivestite da decorazioni di ispirazione fantastica. Durante la rivoluzione francese parte della produzione d’argento fu distrutta, e i francesi cominciarono ad aprirsi anche agli argenti placcati provenienti dall’Inghilterra. Anche l’argento tedesco provò a essere fuso con altre leghe, come il nichel con l’ottone. Nella seconda metà dell’ottocento, in Russia, il gioielliere e orafo Peter Carl Fabergé diventò famoso per le celebri uova, e per i suoi oggetti che avevano uno stile personalissimo in Neo Rococò. In Italia, dove era rinomatal’arte orafa napoletana, l’attività era concentrata nel Borgo degli Orefici di Napoli.
Oggi, gli artigiani orafi sono i depositari dei segreti di quest’arte, che si tramandano di padre in figlio, ma sono anche abili commercianti e imprenditori di nuova generazione.
Oggi, il Borgo Orefici, per rispondere alla crisi economica, continua ad offrire la possibilità di creare un gioiello artigianale esclusivo, a seconda della richiesta del cliente. La creazione su commissione è una peculiarità dovuta a una tradizione secolare, che da sempre lo ha distinto, e l’incremento è dovuto anche, negli ultimi anni, ad un aumento della clientela turistica nazionale e internazionale, grazie anche ai nuovi metodi di comunicazione. Oggi, il Borgo Orefici è tra i poli più importanti d’Italia, puntando a diventare un connubio tra innovazione e tradizione.
Letture consigliate
- Francesco Balletta, L’artigianato artistico in Campania fra età moderna e contemporanea, in “Rivista di Storia Finanziaria”, gennaio – giugno 2008;
- Francesco Balletta, L’artigianato in Campania: sapere, fare, innovare e internazionalizzare, Centro Studi di Casartigiani della provincia di Napoli, 2015;
- Elio Catello, Corrado Catello, L’oreficeria a Napoli nel XV secolo, Prefazione di Ferdinando Bologna, Editore Emilio di Mauro per il Banco di Napoli, Cava de’ Tirreni (SA), 1975;
- Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, CROSS (a cura di), ntroduzione ai mestieri d’arte. Breve guida alla conoscenza dell’artigianato artistico italiano di eccellenza. Storia, attualità e percorsi formativi, Milano, 2009;
- Pierluigi Leone de Castris, Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina. 1266-1381, Editore Arte’m, Napoli, 2014;
- Consorzio Antico Borgo Orefici.
Foto: Borgo Orefici – Basilica di Sant’Eligio. Si ringrazia Guide Turistiche Napoli per la gentile concessione.