Scorretti e corrotti: un’analisi del Corruption Perception Index 2015

Francesco Adriano De Stefano
A young girl working at a plastic recycling factory in Dhaka, Bangladesh. © A.M. Ahad / Associated Press

A young girl working at a plastic recycling factory in Dhaka, Bangladesh.

BERLINO. “Più di sei milioni di persone vivono in paesi con seri problemi di corruzione”. Questa la copertina della presentazione dell’Indice di Percezione della Corruzione 2015.  Il rapporto, pubblicato negli scorsi giorni, viene stilato ogni anno dall’Organizzazione Non Governativa Trasparency International, e si basa su un’indagine condotta su 162 paesi del mondo. Sullo sfondo, una bambina del Bangladesh tra le bottiglie da raccogliere per sostenersi agli studi. «Il Corruption Perceptions Index (CPI) del 2015 mostra chiaramente che la corruzione rimane una piaga di tutto il mondo – ha commentato José Ugaz, presidente di Trasparency International – ma il 2015 è stato anche un anno in cui la gente è di nuovo scesa in piazza per protestare contro la corruzione. La gente di tutto il mondo ha inviato un segnale forte a chi è al potere: è il momento di affrontare la grande corruzione». L’inquinamento del voto, le politiche clientelari, lo scarso esercizio della democrazia, la sfiducia nella partecipazione alle elezioni: questi, i parametri per l’attribuzione dell’indice.

 

Il Corruption Perceptions Index (CPI) del 2015 mostra chiaramente che la corruzione rimane una piaga di tutto il mondo, ma il 2015 è stato anche un anno in cui la gente è di nuovo scesa in piazza per protestare contro la corruzione. La gente di tutto il mondo ha inviato un segnale forte a chi è al potere: è il momento di affrontare la grande corruzione.

 

 

LA CLASSIFICA – I paesi del Nord Europa sono i più trasparenti del mondo, mentre tra i paesi più corrotti continuano a figurare nazioni attanagliate da conflitti e violenza, a dimostrazione di quanto i fenomeni siano strettamente correlati (Il Sole24Ore). Nella top ten dei paesi incorruttibili compaiono come di consueto Danimarca, Finlandia, Svezia, Nuova Zelanda, Olanda, Norvegia, Svizzera, Singapore, Canada e Germania, decima a pari merito con la Gran Bretagna. Brutta sorpresa per il Brasile, che vede in discesa la sua posizione nel ranking per effetto dello scandalo Petrobras. La nazione più corrotta, secondo il rapporto, è la Somalia, a pari merito con la Corea del Nord. Seguono, risalendo dal penultimo posto, Afghanistan, Sudan, Sud Sudan, Angola, Libia, Iraq, Venezuela e Guinea-Bissau. A livello di G20, l’Italia si piazza al decimo posto dopo Canada, Germania, Regno Unito, Australia, Stati Uniti, Giappone, Francia, Corea del Sud e Arabia Saudita (Il Sole 24Ore).

 

L’INDICE E LE FONTI – Il CPI o Indice di Percezione della Corruzione misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e nella politica in numerosi paesi nel mondo, attribuendo a ciascuna Nazione un voto che varia da 0 (massima corruzione) a 100 (assenza di corruzione). Si tratta di un indice composito, ottenuto sulla base di varie interviste e ricerche somministrate a esperti del mondo degli affari e a prestigiose istituzioni. La metodologia viene integrata ogni anno allo scopo di riuscire a dare uno spaccato sempre più attendibile delle realtà locali. Le ricerche sono svolte da università o centri di studio, su incarico di Transparency International (Transparency International Italia). Il CPI 2015 è basato sui valori di altri dodici indicatori. Il primo tra questi è il CPIA tenuto dalla World Bank, che valuta le politiche istituzionali nei paesi a livello globale. Il secondo indice è EOS, redatto dal World Economic Forum, che fornisce dati sui rischi economici di lungo periodo, mentre un altro indicatore economico è quello tenuto dall’Economist Intelligence Unit. Una differente valutazione, sempre sui rischi economici, politici e finanziari, è data dall’ICRG (International Country Risk Guide); altro indicatore della stessa natura, orientato al continente asiatico, è il PERC, affidato all’Asia Risk. Ben due indici, invece, sono affidati alla Fondazione Bertelsmann: il TI, che valuta prettamente la trasformazione delle singole nazioni comparando la situazione economica con quella politica, e lo SGI, una piattaforma di indicatori costruita su un sondaggio transnazionale di governance sostenibile volto ad individuare le esigenze di riforma in 41 paesi dell’UE e dell’OCSE. Un altro indice è stato commissionato alla African Development Bank per misurare lo sviluppo economico e monitorare la povertà nel vecchio continente. La competitività è calcolata dall’IMD World con il Competitiveness Yearbook, in base ai progressi e allo sviluppo dei diversi stati. L’aspetto della legge è analizzato dall’indicatore ROL, relativo all’esercizio della giustizia tenuto dal World Justice Project. L’aspetto dei mercati globali, focalizzato sulla volatilità e sull’incertezza, è descritto da IHS. Un indice che comprende le situazioni dei paesi in via di sviluppo è fornito dal report Nation in Transit, a cura di Freedom House.

 

Il CPI o Indice di Percezione della Corruzione misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e nella politica in numerosi paesi nel mondo, attribuendo a ciascuna Nazione un voto che varia da 0 (massima corruzione) a 100 (assenza di corruzione).

 

 

IL CASO ITALIANO – Lieve miglioramento per l’Italia, che, sebbene riesca quest’anno a scalare otto posizioni rispetto al ranking del 2014, passando dal 61° al 69° posto, migliora il suo punteggio dai 43 punti del 2014 ai 44 attuali, dividendo la posizione con Lesotho, Montenegro, Senegal e Sud Africa. Si tratta di un risultato ancora meno rassicurante se letto nel contesto dei 28 paesi dell’Ue, dove solo la Bulgaria (69°posto con 41 punti) risulta ricoprire una posizione peggiore, seguendo altri Paesi generalmente considerati molto corrotti come Romania e Grecia, entrambi in 58° posizione con un punteggio di 46. «Non sono dati positivi: l’Italia resta un Paese con un livello di corruzione molto alto, ma i dati sono confortanti perché per la prima volta c’è un’inversione di tendenza. I risultati eclatanti non durano, serve un cambiamento dal basso. Ricordiamoci che cosa è accaduto nel 1992: tagliate le teste alte, tutto è tornato come prima». Queste le prime parole del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone durante la presentazione del Rapporto, a Roma, dove è stato firmato un protocollo d’intesa tra Anac e Transparency Italia per promuovere iniziative sui temi della trasparenza, dell’integrità e della lotta alla corruzione (Il Sole 24Ore).

 

Non sono dati positivi: l’Italia resta un Paese con un livello di corruzione molto alto, ma i dati sono confortanti perché per la prima volta c’è un’inversione di tendenza. I risultati eclatanti non durano, serve un cambiamento dal basso. Ricordiamoci che cosa è accaduto nel 1992: tagliate le teste alte, tutto è tornato come prima.

 

LA TOP FIVE – L’esempio di civiltà e di partecipazione democratica alla società arriva ancora una volta dal Nord Europa, che può contare ben quattro posizioni nella top five. Le cinque nazioni meno corrotte del mondo sono Danimarca, Finlandia, Svezia, Olanda e Nuova Zelanda, in virtù della loro trasparenza nel settore pubblico; tuttavia, ciò non significa che non siano legati alla corruzione altrove. Ad esempio la Svezia occupa il terzo posto nell’indice, ma la società svedese-finlandese TeliaSonera, che possiede il 37 per cento di proprietà dello Stato Svedese, si trova ad affrontare le accuse di aver pagato tangenti per milioni di dollari allo scopo di assicurare attività in Uzbekistan, Paese che figura al 153° nella classifica generale. La Svezia non è il solo dei paesi “puliti” ad avere affari loschi in altre parti del mondo: dagli studi effettuati, si evince che la metà dei paesi dell’OCSE sta violando i propri obblighi internazionali per reprimere la corruzione dalle proprie aziende all’estero.

 

UNMASK THE CORRUPT – “Smaschera il corrotto” è la campagna di Transparency International che fa luce sugli effetti sociali ed economici prodotti dalla corruzione: attraverso la denuncia dei mezzi più comuni utilizzati dai corrotti per le proprie attività illegali, la campagna invita i cittadini ad agire per contrastarli, “smascherandoli”. «Bisogna fare qualcosa»: è questo l’appello rivolto dal movimento globale ai leader del G20 in una lettera aperta che, con più di due milioni di tweet, ha avuto ampia risonanza. “Unmask the Corrupt” è stata sostenuta anche dal capitolo italiano di Trasparency, protagonista dei lavori svolti in ambito G20 a sostegno della trasparenza dei flussi finanziari. Un portale web multilingue, con social annessi, per una campagna che mira alla regolamentazione degli assetti societari con l’istituzione di registri pubblici. Uno dei principali obiettivi è quello di impedire la fuga di politici e uomini d’affari dai processi attraverso il divieto di accesso dei corrotti in altri paesi, per impedire che si possa godere di benefit di lusso finanziati grazie allo sperpero di fondi pubblici, riciclaggio di denaro sporco o società di comodo. Smascherare i corrotti è anche l’obiettivo di ALAC, il portale lanciato da Trasparency International Italia per portare alla luce i casi di corruzione: un servizio di allerta anticorruzione innovativo, che permette alle vittime e ai testimoni di casi di corruzione di denunciarli in totale sicurezza e anonimato (ICS).

 

IL VOTO E L’ATTIVISMO“I Paesi poveri perdono mille miliardi di dollari all’anno in corruzione. Agisci. Vota.”, questo il monito dell’organizzazione, finalizzato a creare una campagna globale condivisa dai singoli contatti e basata su casi emblematici di corruzione. Dal 10 Febbraio, una volta concluso il dibattito, coloro che avranno votato e partecipato alle discussioni saranno ricontattati per progettare una campagna collettiva che tenda a porre fine agli episodi proposti, portandoli alla ribalta degli argomenti di interesse internazionale.

 

I Paesi poveri perdono mille miliardi di dollari all’anno in corruzione. Agisci. Vota.

 

 

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Foto: A young girl working at a plastic recycling factory in Dhaka, Bangladesh. © A.M. Ahad / Associated Press

About Francesco Adriano De Stefano

Laureando Magistrale in Economia e Commercio e giornalista pubblicista

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