Congresso Italiano di Econometria ed Economia Empirica 2017: un bilancio

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ICE 2012

ICEEE 2017

Dal 25 al 27 gennaio uu.ss. si e svolto a Messina il 7o Congresso italiano di Econometria ed Economia Empirica (ICEEE 7).

 

Il congresso è stato organizzato dalla Società Italiana di Econometria (SIdE) in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Messina, e ha visto la partecipazione di studiosi provenienti da Università e istituti di ricerca italiani e internazionali, principalmente dell’Unione Europea. La Società Italiana di Econometria è un’associazione no-profit che promuove la diffusione della ricerca e dell’insegnamento dell’econometria in Italia, e lo fa organizzando conferenze, seminari, corsi e scuole estive indirizzate in particolare ai giovani ricercatori interessati alla materia e alla sua applicazione in ambito economico-sociale.

Il programma del congresso svoltosi a Messina è stato strutturato in quattro fasce orarie (8.50-10.30, 11.00-12.40, 14.30-16.10, 16.40-18.20). In ognuna si sono svolti fino a cinque panel, ogni panel è stato composto da tre o quattro presentazioni. Le sessioni si sono svolte in alcune delle aule didattiche del Dipartimento di Economia dell’Ateneo peloritano.

 

Numerose le aree di ricerca dei lavori presentati al congresso: alcuni dei panel sono stati dedicati a presentazioni a carattere puramente teorico in ambito econometrico, molti altri all’applicazione dell’econometria ai diversi campi della scienza economica; si va dall’analisi della politica monetaria europea all’impatto delle crisi bancarie sulle imprese e sul lavoro, dallo studio della volatilità dei mercati allo studio dei trend nella disparità dei salari percepiti da uomini e donne, dall’analisi di alcuni aspetti di potenziale contributo dei migranti alle stime del prodotto interno lordo potenziale. Una tale varietà di analisi attesta di per sé la ricchezza del programma del seminario e certifica l’estrema applicabilità delle tecniche econometriche nello studio dei fenomeni attinenti tutti i campi della ricerca economica.

 

In questa sede ci sembra di particolare interesse l’analisi di due lavori relativi alle prospettive di integrazione dei migranti nel sistema produttivo europeo, vista l’attualità del tema e le rilevanti implicazioni socio-economiche e, in ultima analisi, sulle politiche europee.

 

Il primo lavoro proposto, a firma di Concetta Mendolicchio (Institute for Employment Research dell’Agenzia Tedesca per il Lavoro), Emanuele Forlani (Università di Padova) ed Elisabetta Lodigiani (Università Ca’ Foscari di Venezia), si è occupato delle conseguenze della presenza di donne migranti in Germania in merito alle decisioni lavorative e procreative delle donne tedesche. Lo studio utilizza dati panel relativi alle abitudini delle donne tedesche ed alla presenza di donne migranti nelle 97 Raumordnungsregionen tedesche.[1] L’estimation strategy prevede la stima di due equazioni principali: la prima relativa alle decisioni in termini di fertilità delle donne tedesche, la seconda relativa alla probabilità che le donne tedesche lavorino più di un dato monte ore settimanale. La variabile esplicativa principale di cui si vuole studiare l’impatto sulle due decisioni è il tasso di donne migranti sul totale della popolazione della singola Raumordnungsregion. Vengono altresì impiegate variabili di controllo relative a caratteristiche individuali delle donne tedesche (età, livello di abilità maturata in base al livello di educazione, numero di figli, etc.) ed a caratteristiche tipiche della Raumordnungsregion (tasso di disoccupazione, tasso di partecipazione femminile, etc.) in cui esse vivono, per evitare che le decisioni relative alla fertilità e al monte ore lavorativo vengano erroneamente associate alla presenza di donne migranti. Le equazioni includono inoltre effetti fissi annuali e a livello delle macro-regioni tedesche (i Länder). Una terza equazione utilizza la stessa strategia per stimare l’impatto della presenza di donne migranti sulle ore dedicate dalle donne tedesche alla cura della casa e della prole.

 

I risultati in merito alle decisioni relative alla fertilità mostrano come la presenza di donne migranti aumenti la probabilità che le donne tedesche caratterizzate da abilità medie (il lavoro distingue donne low, medium, e high-skilled in base al livello di educazione) decidano di avere un figlio.

 

I risultati sono ottenuti a seguito della presa in considerazione di endogeneità derivanti dalla possibile presenza di un maggior numero di donne migranti in zone in cui vengono richiesti maggiori servizi di cura dei bambini per l’elevato numero di nascite o in zone in cui la domanda di lavoro è più elevata e quindi è più elevata la probabilità che le donne tedesche lavorino per un monte ore superiori alla media.

 

Risultati analoghi sono quelli ottenuti nella stima della seconda equazione: la presenza di donne migranti aumenta la probabilità che le donne tedesche con abilità medie lavorino più degli standard di 30, 35 e 40 ore. Allo stesso modo la presenza di donne migranti riduce il tempo impiegato dalle donne tedesche (soprattutto le più giovani) alla cura della casa e della prole. Sembra, pertanto, che la presenza di donne migranti abbia effetti positivi sulle decisioni delle donne tedesche in merito alle scelte di fertilità e lavorative ed alla disponibilità di tempo libero.

 

Lo studio ci sembra di particolare interesse in quanto dovrebbe riconciliare i cittadini tedeschi con le politiche di accoglienza della loro leadership e in ogni caso assume particolare valore nel valutare i flussi migratori attraverso il freddo vaglio scientifico, importante per evitare di cedere alle tentazioni nazionaliste di chiusura e a slogan di impronta esclusivamente populistica.

Il secondo lavoro, a firma di Riccardo Lucchetti, Giulia Bettin e Claudia Pigini (Università Politecnica delle Marche) riguarda invece il tema delle rimesse dei migranti verso i paesi di origine.

 

I flussi delle rimesse estere, che le motivazioni risiedano nel sostegno alle famiglie rimaste nei paesi d’origine o nell’interesse personale, costituiscono l’elemento principale attraverso cui i migranti contribuiscono al miglioramento delle condizioni di vita dei paesi d’origine e secondo alcuni dati della Banca Mondiale riportati dagli autori le rimesse hanno raggiunto nel 2015 quote superiori al 30% del PIL di interi paesi. L’articolo utilizza un approccio empirico dinamico, che possa illustrare i pattern temporali delle decisioni legate alle rimesse e delle motivazioni che ne sono la causa.

 

Anche in questo caso gli autori utilizzano dati relativi all’esperienza tedesca, in particolare quelli longitudinali raccolti  sui migranti dal panel socio-economico tedesco (SOEP). Il modello elaborato dagli autori tiene in considerazione i due principali momenti che caratterizzano la decisione di inviare le rimesse: il primo momento è quello della decisione se inviare o meno le rimesse (extensive margin), il secondo è quello da cui dipende l’entità della rimessa inviata (intensive margin). Gli autori elaborano un complesso modello che consente la stima statica e dinamica di effetti casuali per l’individuazione delle decisioni intertemporali sull’invio delle rimesse.

 

Sebbene il modello non consenta l’individuazione delle motivazioni legate alle rimesse, gli autori evincono che le decisioni legate a investimenti, pagamento di debiti o al sostegno al consumo della famiglia d’origine, siano legati a pattern decisionali sulle rimesse costanti nel tempo. Il modello consente inoltre di catturare gli effetti derivanti da limiti di budget e costi di transazione che possono portare i migranti a decidere di inviare rimesse più cospicue e a maggiore distanza temporale rispetto a quelle inviate con le motivazioni prima evidenziate.

 

D’interesse sono anche ulteriori indicazioni relative alle variabili che incidono sull’ammontare delle rimesse e sul loro pattern temporale: maggiori sono le dimensioni della famiglia residente in Germania, più basse sono le rimesse, mentre più alto è il reddito del migrante più cospicue sono le quantità rimesse. Migranti che hanno acquisito la cittadinanza tedesca tendono ad inviare minori rimesse di coloro che non hanno intenzione di diventarlo, e lo stesso accade per le famiglie di migranti con prole più numerosa. In ogni caso la stima di effetti temporali sottolinea che la tendenza è comunque quella a ridurre con il tempo la quantità rimessa verso il paese d’origine, decisione compatibile con la volontà di integrazione.

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Oltre alle presentazioni contenute nei panel mattutini e pomeridiani, la mattina del 26 gennaio si è tenuta una sessione plenaria che ha riunito tutti i partecipanti nell’aula magna del Dipartimento di Economia dell’Università di Messina per la presentazione delle più recenti ricerche di Maria Cristina De Nardi (University College London, Federal Reserve Bank of Chicago, IFS and NBER) e Lucrezia Reichlin (London Business School).

 

La presentazione proposta dalla Prof.ssa De Nardi, dal titolo “Saving after retirement” riguarda una interessante ricerca su un campione americano, incentrata sulle tendenze di risparmio dopo la pensione. Considerato che (negli Stati Uniti come in altri paesi sviluppati) i risparmi delle famiglie con capi famiglia over 65 costituiscono circa un terzo della ricchezza totale, valutare i pattern di risparmio dei pensionati è rilevante per conoscerne i consumi e per adottare policy adeguate. Tra i motivi che determinano i risparmi dei pensionati ci sono quelli precauzionali (spese mediche, periodi di incertezza, programmi di assistenza pubblici) e quelli testamentari.

 

Lo studio rileva che le tendenze di risparmio in gruppi di pensionati aggregati per livelli di reddito mostrano che i pensionati con un livello di reddito elevato riducono il loro risparmio in età avanzata molto più lentamente dei pensionati con livelli di reddito più bassi. Allo stesso modo i pensionati con livelli di reddito più elevati sono caratterizzati da spese mediche maggiori rispetto a quelli con redditi più bassi, sebbene in tutte le fasce di reddito le spese mediche aumentino con l’età. Si osserva inoltre che i pensionati con livelli di reddito più elevati e le donne vivono più a lungo.

 

L’analisi mira a legare questi pattern alle valutazioni di rischio (i motivi precauzionali) ed ai motivi testamentari. I rischi di ricorrere a spese mediche ed i rischi di mortalità dipendono da età, genere, stato di salute e reddito permanente. Sebbene il modello utilizzato riesca a catturare bene i pattern evidenziati dai dati, non è ben chiaro come valutare invece i motivi testamentari. Includerli nel modello sembra non avere alcun impatto sui pattern di cui sopra, pertanto le prospettive future di studio puntano ad includere nel modello anche le preferenze familiari ed il ruolo della prole, nella ipotesi che da esse dipendano anche le decisioni relative alle disposizioni testamentarie. Ulteriori prospettive di ricerca sono relative allo studio comparato con i pattern di risparmio di altri stati.

Di alto profilo anche la presentazione della Prof.ssa Reichlin, che ha introdotto il modello di “Nowcasting” elaborato assieme a Domenico Giannone, della Federal Reserve Bank of New York.

 

Il modello prende spunto dalle analisi meteorologiche e dai loro tentativi di previsione a breve termine delle condizioni del tempo e tenta con successo di esportare il tipo di analisi al contesto economico. In ambito economico il modello  mira ad utilizzare i continui flussi di dati sul PIL per produrre stime costantemente aggiornate sul suo andamento nel più recente passato, nel presente e nell’immediato futuro.

 

Si tratta di uno strumento di cui fanno uso in particolare le banche centrali, e permette di avere un feedback continuo e costantemente aggiornato circa lo stato di salute di un’economia, fondamentale ai fini di governo dell’economia e della individuazione delle corrette scelte di policy per gli esecutivi.

 

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Questo articolo ha approfittato dell’organizzazione del 7o Congresso di Econometria ed Economia Applicata, per presentare alcuni interessanti lavori che hanno rilevanti implicazioni sulla qualità della vita nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo. Il fenomeno della migrazione è in quest’ottica, lo specchio più drammatico della globalizzazione e della interdipendenza sociale, politica ed economica delle società sviluppate e di quelle che disperatamente tentano di emergere e migliorare le prospettive e la qualità della vita dei propri abitanti. Studi come quelli presentati al congresso vanno nella direzione di una valutazione di tale fenomeno non condizionata da preconcetti e paure ed aperta all’analisi obiettiva delle implicazioni socio-economiche della questione, consci delle rilevanti conseguenza politiche derivanti da una corretta valutazione del fenomeno.

 

Lavori come quello della Prof.ssa De Nardi muovono dalle dinamiche demografiche dei paesi avanzati, in cui la qualità e le aspettative di vita sono superiori a quelle dei paesi in via di sviluppo, ancora intrappolati da dinamiche demografiche caratterizzate da alti tassi di crescita della popolazione e dalla assenza di meccanismi che sostituiscano la qualità della prole alla sua quantità. Le decisioni delle fasce anziane delle popolazioni dei paesi avanzati sono quantitativamente importanti visto l’aumento delle aspettative di vita e la stagnazione economica accompagnata in alcuni paesi ad elevati tassi di disoccupazione giovanile (è il caso dell’Italia).

 

 

 

 

Alcuni riferimenti

Il sito web del congresso: http://www.side-iea.it/events/iceee/iceee-2017

Giannone, D., Reichlin, L. & Small, D., 2008. Nowcasting: The real-time informational content of macroeconomic data. Journal of Monetary Economics, 55(4), pp. 665-676.

Lucchetti, R., Bettin, G. & Pigini, C., 2016. State dependence and unobserved heterogeneity in a double hurdle model for remittances: evidence from immigrants to Germany, Working Paper. Money and Finance Research group (Mo.Fi.R.).

Mendolicchio, C., Forlani, E. & Lodigiani, E., 2016. Natives and Migrants in Home Production: The Case of Germany, Working Paper. Università di Pavia.

 

 

[1] Aggregazioni regionali piu’ particolareggiate dei Lander.

About Maurizio La Rosa

Dottorando di Ricerca in Economics, Management and Statistics presso l’Università degli Studi di Messina, è laureato in Scienze Politiche con una tesi sui progetti di sviluppo industriale dell’UNIDO in Africa. A livello gestionale, ha maturato un’esperienza decennale presso l’Università di Messina, lavorando nel settore finanziario, delle risorse umane e delle relazioni esterne. Ha inoltre collaborato per un progetto di sviluppo umano e sanitario in Mozambico. I suoi interessi di ricerca includono le prospettive di cambiamento strutturale e di crescita nell’Africa Subsahariana.

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