Sabato 31 ottobre 2015, presso la filiale di Banca Popolare Etica (BPE) di Napoli, si è tenuta la prima giornata del corso di formazione – “autoformazione”, come specificato dagli operatori di BPE – del programma convenuto tra le associazioni promotrici del progetto: Mani Tese, Marco Mascagna, Rete Rione Sanità, Rete Lilliput, il Center for Economic Development & Social Change (CED) dell’Italian Institute for the Future e il partner finanziario BPE.
L’incontro di formazione è stato pianificato con l’obiettivo di rafforzare le basi tecniche di volontari, operatori e stagisti, riflettendo al contempo sui temi della finanza etica; in particolare si è data enfasi alla responsabilità dei cittadini e della banca circa l’uso del denaro, il rapporto di fiducia tra il beneficiario del credito, il risparmiatore e l’intermediario creditizio. All’incontro hanno preso parte i giovani volontari e stagisti del Comitato per il Microcredito al Rione Sanità e alcuni degli operatori, da un lato, e i dipendenti di BPE Giuseppe Sottile – direttore della filiale di Napoli – e Daniela Freda, esperta di microcredito.
I contenuti della formazione hanno spaziato dalle finalità del microcredito alla responsabilità della banca e del beneficiario, fino ad analizzare le fasi più tecniche di un progetto di microcredito, legate alla selezione dei piani d’impresa, al monitoraggio e a casi studio reali. Per ogni operazione e ogni fase di un progetto, il rimando continuo è ai principi del Manifesto di Banca Popolare Etica. Alcuni dei momenti salienti sono stati la valutazione e la concessione, la cui scelta è reputata soggettiva e per le quali devono considerarsi molti aspetti personali: la motivazione, lo stile di vita, come pure lo storico economico del richiedente. Un’altra riflessione si è concentrata su “cosa” serva per valutare l’accesso al microcredito: ascoltare chi sta chiedendo il credito, capirne le intenzioni e le idee. Successivamente, affiancare nella compilazione o valutazione del progetto imprenditoriale o business plan − che deve essere veritiero − con una stima dei costi fissi e variabili, in modo da capire quale sarà la quantità ipotetica di prodotti e/o servizi da vendere prima di ottenere un guadagno, solo dopo aver coperto i costi. Il microcredito, quindi, è un’opportunità di accesso al credito per persone ”non bancabili”: un contributo aggiuntivo allo sviluppo sociale e al recupero del territorio. Tuttavia, molte volte accade che dietro le richieste di accesso al credito si nasconda una significativa necessità di liquidità, per colmare altre lacune in alcun modo collegate al business plan presentato. Ruolo chiave, quindi, è quello dell’intermediario: la sua abilità di capire “se” e “cosa” c’è dietro le varie richieste, quanta esperienza sia necessaria prima di poter decidere in tempi brevi se sia giusto o no concedere il microcredito, o ancora, se il richiedente è seriamente motivato a portare avanti l’idea presentata e se si impegnerà a restituire il debito.
A conclusione della parte teorica e di brain storming sono stati analizzati tre casi di studio reali di richieste di credito in una simulazione − role play − dove i volontari del Comitato Microcredito al Rione Sanità, divisi in gruppi, dovevano decidere se approvare le richieste di finanziamento. Il momento del colloquio con il richiedente si è inquadrato come fase determinante per sapere quali sono le giuste domande da porre, analizzare la comunicazione del corpo, e infine cosa si cela dietro le singole risposte.