Incidenza dei flussi migratori e decrescita della popolazione locale nell’Unione Europea: il volto nuovo della demografia

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Introduzione

La popolazione mondiale è sensibilmente aumentata nel corso del Novecento, registrando una crescita pari a sei, sette volte il volume del secolo precedente. Un dato facilmente individuabile è la sua distribuzione fortemente ineguale: una sfrenata urbanizzazione ha portato, infatti, alla formazione di grandi agglomerati urbani specialmente nell’emisfero nord del pianeta, a fronte di rari casi nel sud del mondo (Ventriglia, 2008). Restringendo il campo di osservazione all’Unione Europea, essa occupa uno spazio molto modesto pur ospitando sulla sua superficie mezzo miliardo di abitanti, con una delle densità maggiori del pianeta. Nonostante i dati sui flussi migratori non siano sempre disponibili e il metodo di calcolo sia soggetto a modificazioni negli anni, l’obiettivo di questo lavoro è di analizzare l’importanza di questi movimenti di persone, forieri di uno tra i maggiori cambiamenti che l’uomo si prepara a osservare all’inizio del terzo millennio, e di cui entra a far parte: la demografia assume un volto nuovo a livello globale e, nel nostro caso, continentale.

 

L’Unione Europea occupa uno spazio molto modesto pur ospitando sulla sua superficie mezzo miliardo di abitanti, con una delle densità maggiori del pianeta.

 

Nella seconda metà del XIX secolo si registra un miglioramento generale delle condizioni di vita soprattutto nel mondo occidentale, con un conseguente declino della mortalità e un allungamento dell’aspettativa di vita: a ciò segue la necessità di un controllo della crescita della popolazione nel secolo successivo. In diversi Paesi di Asia e Africa, tuttavia, si è ancora oggi in una fase di minore o assente controllo della crescita della popolazione, e ciò esercita una pressione demografica insostenibile soprattutto in territori dove, per ragioni ambientali ed economiche, le risorse non sono più sufficienti (Ventriglia, 2008). La popolazione internazionale di migranti è dunque notevolmente cresciuta a partire dagli anni Settanta e al 2011 ammonta, secondo le statistiche delle Nazioni Unite,  a oltre  duecento milioni di unità (UNFPA, 2011). Un dato piuttosto significativo è rappresentato dal fatto che alcuni Paesi, da soli, “partecipano” a questo fenomeno in una misura maggiore rispetto a interi continenti: un esempio è rappresentato dal flusso di migranti cinesi − il quale interessa da vicino anche l’Europa − che da solo supera quello della popolazione migrante di Oceania, Africa e America Latina messe insieme (UNFPA, 2011).

 

La popolazione internazionale di migranti è notevolmente cresciuta a partire dagli anni Settanta e al 2011 ammonta, secondo le statistiche delle Nazioni Unite,  a oltre  duecento milioni di unità (UNFPA, 2011).

 

I cambiamenti recenti e le proiezioni future per l’Unione Europea

Il fenomeno migratorio nell’Unione Europea e la sua gestione rappresentano un campo di studi certamente interessante alla luce della ridotta, stagnante o persino negativa crescita della massa di abitanti residenti nei diversi Paesi membri.

L’incremento demografico normalmente consta di due elementi:

 

  • il ricambio naturale o natural change, la differenza tra nascite e decessi all’interno di un territorio;  
  • il saldo migratorio o net migration rate, la differenza tra le unità immigrate e quelle emigrate da un territorio in un dato intervallo di tempo.

 

Il sostegno che il secondo fenomeno offrirà nei prossimi decenni alla crescita della popolazione dell’Unione sarà notevole; si prevede, infatti, che questa aumenterà del 5 per cento entro il 2030 (Eurostat) in maniera irregolare nei diversi Paesi: ciò significa un incremento di più di venti milioni di abitanti in meno di vent’anni. L’aumento demografico in sé non costituisce una novità: dalla nascita dell’UE, infatti, la popolazione è sempre cresciuta. Tuttavia, nei primi trent’anni di vita dell’Unione ciò era dovuto principalmente a un natural change − benché esso già fosse in lento declino − che vedeva un numero di nascite ancora alto rispetto a quello dei decessi. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso è stato invece il saldo migratorio positivo a essere l’elemento determinante nell’incremento totale della popolazione europea: le proiezioni future sembrano propendere nella stessa direzione. Per dare un’idea di quanto esso incida oggi, nell’anno 2010 l’incremento della popolazione totale dell’Unione Europea è stato di 1,4 milioni di abitanti rispetto all’anno precedente, dei quali appena 500.000 unità frutto di natural change, a fronte di 900.000 dovuti a net migration: ciò significa che il contributo offerto da quest’ultimo è stato pari al 62 per cento della crescita totale (Marcu, 2011). Negli anni immediatamente precedenti, sono stati osservati simili trends, con un picco di flussi migratori nel 2007 e una successiva discesa degli stessi fino a oggi, che sono rimasti comunque superiori all’andamento del ricambio naturale. Il saldo migratorio risulta positivo in oltre due terzi delle regioni dei Paesi membri, malgrado non vada sottostimata una forte emigrazione (Oblak Flander, 2011) da alcuni Stati: «The majority of EU-27 Member States […] reported more immigration than emigration, but in Bulgaria, Germany, Poland, Romania and the three Baltic states, Estonia, Latvia and Lithuania, emigrants outnumbered immigrants» (Eurostat, 2011).

 

Nell’anno 2010 l’incremento della popolazione totale dell’Unione Europea è stato di 1,4 milioni di abitanti rispetto all’anno precedente, dei quali appena 500.000 unità frutto di natural change, a fronte di 900.000 dovuti a net migration: ciò significa che il contributo offerto da quest’ultimo è stato pari al 62 per cento della crescita totale (Marcu, 2011).

 

Population change in 2010 by contribution of natural change and net migration – Source: Eurostat

Population change in 2010 by contribution of natural change and net migration – Source: Eurostat

 

In alcuni Stati membri, l’incidenza dell’immigrazione sul volume della crescita totale della popolazione è maggiormente evidente rispetto ad altri: il Paese in cui è più visibile questo fenomeno è l’Italia, all’interno della quale la popolazione straniera è aumentata addirittura del 236 per cento (Eurostat, 2012) nel periodo 2002-2011, mentre quella locale è diminuita. La presenza di immigrati nel nostro Paese ammonta infatti a circa il 6-7 per cento della popolazione totale e il tasso di crescita della popolazione migrante è il più elevato del continente insieme alla Spagna: «Alla fine del 2009 la popolazione residente (italiana) era di 60.340.328; la crescita annuale ammontava a 295.000 (+0.5 per cento). L’aumento fu dovuto alla migrazione netta (inclusa quella interna e quella per altre ragioni) la quale, seguendo un trend consolidato da tempo, è fortemente positiva (+311.658)» (Eurostat, 2012). A differenza della suddetta Spagna o di altri Paesi che possono contare su un netto ricambio naturale, l’Italia presenta un ricambio negativo. Anche nel 2010 il volume totale della popolazione è cresciuto toccando quota 60.626.000 unità − con un aumento di 286.000 unità, cioè di circa lo 0,5 per cento totale − grazie a un saldo migratorio ancora positivo di +311.700 unità, mentre il natural change si è mantenuto negativo: -25.500 (Marcu, 2011).

 

La presenza di immigrati nel nostro Paese ammonta infatti a circa il 6-7 per cento della popolazione totale e il tasso di crescita della popolazione migrante è il più elevato del continente insieme alla Spagna.

 

Crude rates of population change in 2008, 2009 and 2010 (change per 1000 inhabitants) - Source: Eurostat

Crude rates of population change in 2008, 2009 and 2010 (change per 1000 inhabitants) – Source: Eurostat

 

Il flusso di migranti internazionali che interessa l’area dell’Unione Europea deve tuttavia essere ulteriormente diviso in due componenti: migranti che provengono da Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea e migranti che si muovono all’interno della stessa; nelle statistiche sopra menzionate, i flussi comprendono entrambe queste due componenti.

Relative change in migration inflows to EU Member States by citizenship group, EU-27, 2002-2008 (%) - Eurostat

Relative change in migration inflows to EU Member States by citizenship group, EU-27, 2002-2008 (%) – Source: Eurostat

Prendendo in considerazione un arco temporale molto vicino ai giorni nostri, ad esempio l’anno 2008, il movimento migratorio è costituito da circa 3,8 milioni di persone, di cui quasi due provengono da Paesi membri − con un aumento in percentuale pari al 12 per cento nel periodo dal 2002 al 2008 − mentre il resto da Paesi non facenti parte dell’Unione (Eurostat, 2011). Nel periodo preso in esame, si è dunque trattato di un flusso costituito per circa il 40-45 per cento da cittadini di Paesi non facenti parte dell’UE.

 

Tuttavia, se prendiamo in considerazione un periodo più lungo − che va dall’inizio degli anni 2000 sino al periodo appena considerato − i valori esaminati risultano rovesciati: infatti, su 500 milioni di persone residenti nell’UE, il 6,4 per cento dei quali corrisponde alla popolazione migrante, il 4 per cento è costituito da cittadini provenienti da Paesi al di fuori dell’Unione stessa (Eurostat, 2011). E all’interno di questo periodo, le stime confermano che la maggior parte dei cittadini migranti − escludendo quelli che ritornano nel Paese d’origine − non provengono da Stati membri: durante l’anno 2006 «Of some 3 million non-national immigrants to the EU-27, more than 1.8 million were not citizens of EU-27 countries. Poles and Romanians were the most numerous immigrants among citizens of EU-27 countries while Moroccans ranked first among non-EU citizens» (Herm, 2008).

Subito dopo i migranti di origine marocchina, i quali ammontano al 2008 a oltre 150.000 unità, si collocano in questa classifica di flussi diretti verso l’Unione Europea quelli provenienti da Cina, India, Albania e Ucraina, anche se nettamente inferiori rispetto ai primi: tra i Paesi membri, invece, il popolo che in misura maggiore partecipa ai flussi within-EU è quello rumeno − 384.000 unità – (Eurostat, 2011), che è anche la principale voce di immigrati in uno dei Paesi che ha registrato negli ultimi anni la maggiore immigrazione, l’Italia.

Soffermandoci su un periodo più recente, vediamo confermata questa tendenza: alla fine del 2010 circa due terzi della popolazione migrante non sono cittadini UE Questo cambiamento ha portato a un’altra conseguenza: dai dati emerge che l’immigrazione da Paesi non membri UE, che vede coinvolte persone con un’età media piuttosto bassa, contribuisce a ovviare a un progressivo invecchiamento della popolazione dell’Unione – dovuto, come  detto, alla maggiore aspettativa di vita ed al declino di nascite − offrendo un ulteriore cambiamento a quelli in esame.

 

Dai dati emerge che l’immigrazione da Paesi non membri UE, che vede coinvolte persone con un’età media piuttosto bassa, contribuisce a ovviare a un progressivo invecchiamento della popolazione dell’Unione.

 

Ci sarebbe inoltre da sollevare ancora una riflessione sulla provenienza dei migranti. Viene fatta una distinzione tra gli stranieri  − foreigners − e quelli nati all’estero  − foreign-born − che crea alcuni problemi nello studio delle statistiche: la cittadinanza degli immigrati spesso è determinata da quella dei genitori, piuttosto che dal luogo di nascita, e «The number of foreigners is affected by the number of citizenship acquisitions, as persons who acquire citizenship in a Member State are no longer counted as foreigners of that country. Foreigners may become nationals, but if they were born abroad, they remain among the foreign-born population. In 2010, in the EU-27, there were 14.9 million more people born in a foreign country than people with foreign citizenship» (Vasileva, 2011). Anche tale questione andrebbe approfondita tenendo conto dei differenti metodi di calcolo utilizzati negli ultimi anni da chi si impegna a produrre statistiche sulla demografia.

 

‘National immigrant’ means a person who returns to his or her country of citizenship, having previously lived abroad. Anne Herm

 

Conclusione

In conclusione, si possono comprendere con chiarezza le difficoltà che emergono nel momento in cui ci si appresta a valutare un movimento così variegato, continuo e incostante al tempo stesso, all’interno di uno degli spazi maggiormente segnati da flussi migratori internazionali, che siano provenienti o meno da Paesi UE Il flusso di migranti che non fanno parte di Paesi dell’Unione è più intenso rispetto a quello tra Paesi membri ed è in costante aumento, il che rende sempre più ipotizzabile un’Unione che dovrà necessariamente gestire il progressivo aumento di questo flusso. Il quadro demografico dell’Unione Europea si appresta dunque a un cambiamento epocale, sia riguardo alle opportunità che in esso cercano i cittadini residenti in Europa, sia riguardo alle necessità di popoli geograficamente e culturalmente meno lontani di quello che i confini continentali lascerebbero pensare, in cerca di  un miglioramento delle proprie condizioni di vita  e di un’ancora di salvataggio in Europa.

 

Il quadro demografico dell’Unione Europea si appresta dunque a un cambiamento epocale, sia riguardo alle opportunità che in esso cercano i cittadini residenti in Europa, sia riguardo alle necessità di popoli geograficamente e culturalmente meno lontani di quello che i confini continentali lascerebbero pensare, in cerca di  un miglioramento delle proprie condizioni di vita  e di un’ancora di salvataggio in Europa.

 

Il guanto di sfida della necessaria integrazione è lanciato: guardare a questi flussi come a un insieme di risorse di cui l’Unione può disporre, grazie anche al suo potere attrattivo, è un passo da compiere in maniera decisa per essere pronti sin da ora a una maggiore integrazione e ai cambiamenti dello scenario demografico dei prossimi anni, già in fieri durante quelli appena trascorsi.

 

* Lavoro vincitore della Call presentata per il seminario “Napoli Multiculturale – Dominazioni, integrazioni, contaminazioni” – associazione Internà – Università degli studi di Napoli L’Orientale.

 

Riferimenti bibliografici

 

Foto: “Refugees Welcome means Equal Rights for” (CC BY-NC 2.0) by Rasande Tyskar

About Gianluigi Elia

Si occupa di Relazioni Esterne per il Center for Economic Development & Social Change. Laureato con lode in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli, ha collaborato con associazioni di volontariato locali e internazionali, e come stagista per il Progetto Microcredito per il Rione Sanità. È Borsita del Business Innovation Center (BIC) della Fondazione Idis – Città della Scienza, dove si occupa di incubazione d’impresa e supporto alle startup

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