La chimera del Fiscal Compact e il domani dell’economia italiana

Gustavo Piga

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Questo impressionante grafico è stato meritoriamente pubblicato nel testo della Audizione di poche settimane fa del Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Giuseppe Pisauro, nell’ambito dell’attività conoscitiva sul DDL recante bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2017 e bilancio pluriennale 2017-2019. Mostra come si è evoluta nel tempo la posizione fiscale del Governo Renzi (in ordinata) in funzione dell’andamento del ciclo economico (in ascissa).

Nel primo grafico, la freccia arancione mostra come dal 2015 al 2017 la fase negativa dell’economia, pur rimanendo, si è andata a smorzare (“output gap” negativo ma sempre più piccolo in valore assoluto). La freccia viola mostra, invece, il contendere con Juncker: Renzi chiedeva, nella manovra di bilancio appena approvata, di poter fare un deficit maggiore di quanto promesso con la Nota di Aggiornamento al DEF (“variazione del saldo primario strutturale” più grande) a parità di condizioni del ciclo economico.

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Nel secondo grafico, vogliamo mettere in risalto un altro aspetto poco sottolineato dalla stampa in tutto questo dibattito. Nel cerchio verde possiamo osservare come il Governo, che lotta per uno 0,1% di PIL di deficit in più (circa 2 miliardi di euro), si sia comunque vincolato per il 2018 e 2019 a una corposa manovra di riduzione del deficit tramite un consistente aumento della tassazione. Con le parole dello stesso Presidente dell’Ufficio Parlamentare Pisauro: “Il quadro per il 2018 e 2019 risente del mantenimento della disposizione di aumento delle aliquote IVA nel 2018 e dalla previsione di un ulteriore aumento di 0,9 punti dell’aliquota base nel 2019. Nell’insieme, il gettito associato ammonta a 19,6 miliardi nel 2018 e 23,3 miliardi nel 2019, corrispondenti rispettivamente al 1,1 e all’1,3 per cento del PIL”. Queste sono cifre che ben si discostano dallo 0,1%. Immaginate esista qualche imprenditore, in Italia, che voglia oggi investire nel proprio Paese di fronte al rischio che i suoi clienti, i consumatori, possano essere investiti da un rialzo di IVA di queste proporzioni? Nessuno. Ecco forse spiegato perché, comunque, il Governo prevedeva che nel 2018 l’output gap permanesse, con l’economia che si sarebbe trascinata in una fase di debole stagnazione.

Nel grafico, questa operazione viene chiamata “restrizione fiscale prociclica”, in altre parole, “la chimera del Fiscal Compact”: chiedere alla politica di aumentare le tasse in una fase negativa dell’economia.

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Nel grafico, questa operazione viene chiamata “restrizione fiscale prociclica”, in altre parole, “la chimera del Fiscal Compact”: chiedere alla politica di aumentare le tasse in una fase negativa dell’economia.

 

Quello che il grafico non è in grado di rivelarci, tuttavia, è cosa succederà l’anno prossimo quando il Governo che verrà presenterà il nuovo Documento di Bilancio (la vecchia Finanziaria). A ogni modo, possiamo avanzare una previsione. Il prossimo Governo (stella in basso) sceglierà di non aumentare le tasse nel 2018, ma nonostante questo l’economia non migliorerà: le imprese, nel dubbio, avranno scelto di non investire.

E per il 2019, cosa annuncerà l’anno prossimo? Anche questo si può facilmente prevedere (stella in alto): Il futuro Governo, presumibilmente, prometterà di nuovo lacrime e sangue con una super manovra da 30 miliardi, per raggiungere quel bilancio in pareggio che assomiglia sempre più a una chimera ma che continua a fare scorribande distruttrici in Europa. Vedremo, dunque, un triste grafico rosso come quello sottostante, a rimpiazzare quello appena analizzato: segno annunciato della fine di un ciclo politico e istituzionale per l’Italia e, forse, per l’Europa come la conosciamo, a meno che il Premier che verrà non deciderà di uccidere la Chimera e rifiutare l’inserimento del Fiscal Compact nei Trattati Europei a gennaio 2018.

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Foto: “Euro” (CC BY-SA 2.0) by am

About Gustavo Piga

Gustavo Piga è Professore Ordinario di Economia Politica presso l’Università di Roma "Tor Vergata" e Direttore Responsabile della Rivista di Politica Economica. In precedenza è stato presidente della Consip. Con Lorenzo Pecchi ha curato il volume "Il ventumesimo secolo di Keynes. Economia e società per le nuove generazioni" (2011).

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