- Migrazioni internazionali e popoli indigeni - 12 Giugno 2016
Le migrazioni internazionali
Le ondate migratorie sono un fenomeno di carattere globale che tocca ogni realtà nazionale, a prescindere del carattere continentale o insulare del punto di arrivo. Non si tratta solo di movimenti diretti verso i c.d. nord del mondo, ma anche di flussi interni a determinate aree geografiche che delineano dinamiche sud-nord e sud-sud contemporaneamente e nello stesso contesto geografico, che pongono nuove problematiche e che richiedono risposte adeguate (Cagiano de Acevedo, 2007).
Riuscire a comprendere i fenomeni migratori costituisce una delle questioni più importanti del nostro tempo (Mazzei, 2012), non solo per le ricadute che tali fenomeni possono avere nei contesti nazionali dove si verificano ma, soprattutto, perché rappresentano una delle maggiori sfide che le città del mondo si troveranno ad affrontare: forme di accoglienza e integrazione, impatto sociale-urbano, mercato del lavoro, scuola (Caponio, 2006).
Le migrazioni internazionali hanno cominciato a interessare l’Italia a partire degli anni Settanta del secolo scorso, producendo un’inversione di tendenza che ha trasformato il Paese da esportatore di manodopera in punto di approdo, in luogo di immigrazione, e tra le regioni del sud, la Campania è stata quella maggiormente interessata da detti fenomeni. Gli stranieri hanno dovuto compiere sforzi notevoli per conseguire un radicamento stabile nelle regioni del Mezzogiorno, soprattutto in questi ultimi anni, segnati dalla crisi economico-finanziaria (Franzini, 2012) e caratterizzati da un arretramento del dibattito nazionale sulle politiche di sviluppo riguardanti il Sud. Insieme ai cittadini italiani delle regioni meridionali. gli stranieri si sono trovati ad affrontare gravi questioni come quelle legate alla criminalità organizzata, alla malasanità, alle amministrazioni locali malgovernate e, quindi, a un scarsa fruizione di diritti e di servizi. Tutto questo in un contesto di de-territorializazzione dei confini a livello sovranazionale, a cui ha corrisposto uno di ri-territorializzazione in ambito nazionale. Se l’Europa costituisce il punto di riferimento fondamentale, è altrettanto vero che il progetto stesso di Europa attraversa un momento difficile, in parte legato alla sua dimensione di tipo duale sulla quale hanno facile gioco le spinte disgregatrici fondate sulla nostalgia delle piccole patrie.
Il fenomeno migratorio nel Sud Italia: uno sguardo d’insieme
I flussi migratori provocano grandi cambiamenti nel territorio degli stati ospitanti, e l’impatto di tali flussi è evidente soprattutto per le trasformazioni che producono nel paesaggio urbano. Una trasformazione progressiva del profilo socio-culturale ed economico che tocca tutte le regioni del Mezzogiorno, non più luoghi di passaggio ma mete di arrivo, luoghi di sedentarizzazione per molti migranti.
I primi arrivi risalgono alla fine degli anni Settanta: gli stranieri provenivano da diversi nazioni e si poteva osservare una forte ma episodica presenza di nord-africani legata ad un progetto migratorio di natura stagionale e anche al commercio ambulante nei periodi estivi (Amato, 2012). Questi primi fenomeni evidenziavano un carattere temporaneo e l’assenza di strategie di lungo periodo; un tipo di immigrazione che vedeva nelle regioni del Sud soltanto un ripiego di carattere transitorio, una tappa, a volte obbligatoria, soprattutto verso altre mete dell’Europa come Francia e Germania (Melotti e Petilli, 1993).
Alla fine degli anni Settanta il quadro dell’immigrazione cambia: la presenza straniera aumenta grazie all’adozione di politiche di lungo periodo, si registrano i primi ricongiungimenti familiari e l’incremento della manodopera straniera in attività lavorative più stabili. Ma è nella decade successiva che il fenomeno migratorio presenta contorni più definiti: le prime stime sulla presenza straniera nelle aree urbane del Mezzogiorno contenute nel XII censimento generale della popolazione evidenziano l’incremento delle presenze, il progressivo radicamento dei nuclei familiari e l’apertura di nuovi fronti di provenienza (Censis, 2004). I dati evidenziano l’emergere di una forte presenza clandestina impiegata prevalentemente nell’edilizia, nel commercio, nei servizi di base e nei lavori connessi al settore agricolo, quest’ultimo spia di un nuovo fenomeno, quello di un flusso verso ambienti rurali ai margini dell’area urbana (Caritas, 2004).
L’impatto delle c.d. regolarizzazioni
Con l’adozione dei primi provvedimenti in materia, si viene a delineare un quadro nuovo del Mezzogiorno come bacino d’immigrazione.
La regolarizzazione della posizione giuridica di molti stranieri, grazie alla prima sanatoria, avviata con la L. n. 943/86, ha permesso una valutazione più certa della consistenza del fenomeno migratorio: delle regioni meridionali, la Campania si veniva a trovare fra le cinque prime regioni italiane per volume di domande, pari al 9% di tutte quelle accettate nel territorio nazionale. A questo dato si doveva affiancare un altro: il frequente trasferimento verso le medie e grande città del Nord (Amato, 2012), prova delle difficoltà lavorative che gli stranieri incontravano nella regione, come nel Sud in generale. Ci si rese conto, delle difficoltà dei migranti a trovare spazio nell’ambito della legalità e anche della condizione degradante in cui vivevano alcuni di tali gruppi (Caritas 2004): gli aspetti più degenerativi del fenomeno erano dati dalle nuove forme di schiavitù in ambito agricolo, soprattutto in Puglia e in Calabria, teatri della dilagante piaga sociale del caporalato; oppure l’attrazione nella sfera d’influenza della criminalità organizzata. Con la prima sanatoria il fenomeno migratorio si staglia in tutta la sua complessità, affermandosi come emergenza sociale di carattere strutturale.
Con la c.d. seconda sanatoria, attuata dalla L. n. 39/90, alle analisi che facevano delle regioni del Sud un luogo di mero transito si iniziano a contrapporre studi basati sui nuovi dati acquisiti, come l’aumento costante del numero dei migranti e le loro forme di radicamento. Si confermava il trend in crescita della Campania, nella quale si registrano oltre 16.000 stranieri extracomunitari.
La terza sanatoria, attuata con il D.lgs. n. 489/95, posizionava la regione al terzo posto nel territorio nazionale, dopo il Lazio e la Lombardia: in Campania si registrarono 29.000 domande di regolarizzazione; la conferma di questa linea di tendenza nella Regione emerse chiaramente con la L. n. 40/98, la c.d. Turco-Napolitano.
Questa tendenza, a partire dal primo decennio del 2000, ha conosciuto un rallentamento; ma ciò non mette in dubbio un dato di fatto, ossia che le regioni del Sud costituiscono luoghi di radicamento di fenomeni migratori, e non semplici territori di transito.
Migranti e mondo del lavoro
Gli stranieri migranti nelle regioni del Sud si inseriscono nel mondo del lavoro seguendo logiche che si riscontrano nel resto d’Italia, come la prevalenza di prestazione non qualificate e fortemente legate al sistema dell’economia informale; la manodopera stagionale è quasi interamente assorbita dai settori dell’agricoltura e del turismo.
È a partire dalla fine degli anni Novanta che l’attività imprenditoriale dei migranti ha cominciato a sperimentare un nuovo dinamismo, con l’incremento delle attività di assistenza domestica e un aumento di stranieri impegnati in attività autonome. Le attività individuali e temporali prestate, in un primo momento, quasi esclusivamente da gruppi provenienti dall’Asia e dall’Africa, sono state successivamente svolte da lavoratori e piccoli imprenditori provenienti dall’America Latina, soprattutto in Campania (Amato e Coppola, 2009). I lavoratori di questo comparto sono anche quelli più stanziali, e inoltre sono quelli che maggiormente avviano importanti processi di riproduzione sociale i quali vanno a incidere con diverso grado di intensità nel tessuto dei luoghi di radicamento.
Cittadini e gruppi migranti nazionali: I popoli indigeni
I dati del Dossier Statistico Immigrazione 2015 ci indicano che, di tutte le regioni del Mezzogiorno, solo la Campania ospita una quota significativa di stranieri provenienti dall’America Latina, con quasi il 5% della collettività straniera, a differenza di altre regioni. Ciò di cui non si possiedono informazioni statistiche sono, invece, altri gruppi migranti, talvolta di carattere nazionale altre volte trascendenti i confini dell’America Latina.
La questione è venuta alla luce solo in tempi recenti, quando alcuni paesi del continente hanno iniziato ad adottare norme a tutela delle etnie e popoli presenti nel territorio nazionale; la Bolivia e l’Ecuador hanno addirittura costituzionalizzato la nozione di Popolo indigeno contenuta nella Dichiarazione dei Popoli indigenidell’Assemblea delle Nazioni Unite adottata nel 2007. Dato rilevante è che, a differenza del concetto diminoranza, con il quale si indicano in Europa realtà etnico-linguistiche numericamente inferiori alla popolazione nazionale (Cataldi, 2006), il concetto di popolo indigeno non fa riferimento al dato numerico, ma al rapporto ancestrale intrattenuto col territorio da parte del gruppo umano differenziato (Herman Rodriguez, 2013).
Il fenomeno più rilevante ai nostri fini riguarda proprio i movimenti migratori dei popoli indigeni; una mappatura dei movimenti di guaranì, chichas, quechuas, aymara aprirebbe una nuova finestra sugli spostamenti dei Popoli indigeni in Italia e, soprattutto, nel Sud della penisola.
Un caso importante, a questo fine, è rappresentato dagli abitanti di Otavalo, in Ecuador; infatti, i cittadini di tale Cantone sono noti per la loro presenza globalizzata, essendo presenti in ogni regione del mondo e fortemente attivi nel mercato di scambio internazionale (Palmisano, 2006). In Italia il popolo indigeno di Otavalo ha messo radici nei primi anni Novanta e attualmente è presente soprattutto nelle regionali settentrionali della penisola; tuttavia, un’importante enclave la si può riscontrare in Sicilia.
Nell’isola i cittadini dell’Ecuador non appartenenti a tale etnia hanno scelto Palermo e altre grandi città come luoghi di residenza; gli ecuadoriani di Otavalo prediligono invece le città di mare e le mete turistiche, essendo la loro principale attività economica legata al commercio di prodotti artigianali provenienti dall’America Latina.
I componenti di questo gruppo etnico hanno mantenuto forti e stabili rapporti con il luogo d’origine ed il loro ingresso nel mercato di scambio internazionale non ha prodotto la dissoluzione dell’identità del gruppo; anzi essa, si è rafforzata e rappresenta un esempio di comunità locale con una precisa identità linguistico-culturale in grado di compiere performances di successo nel mercato internazionale, provocando ricadute positive a livello nazionale; quasi allo stesso modo di una transnational holding, la prima nel continente di carattere non nazionale, ma di matrice squisitamente etnica.
Conclusioni aperte a nuovi orizzonti
Nonostante i contesti del Mezzogiorno, abituati da sempre all’apertura verso culture e gruppi nuovi o di minoranza, la crisi economica che ha colpito il Paese ha fatto emergere tensioni sociali che si sono dimostrate difficilmente governabili senza una precisa politica per i flussi migratori. In un tale scenario, l’accesso al mercato del lavoro si converte nella principale arena del conflitto sociale, soprattutto tra cittadini e stranieri. Un conflitto acuito anche dalla diffusione di un linguaggio politico imperniato sulla paura del “diverso”, ulteriore segno del momento di crisi che attraversa il Paese. Nonostante ciò sembra che tale momento non abbia intaccato quella predisposizione del Mezzogiorno all’incontro e al confronto, che fa perno su forme di solidarietà profondamente radicate il quel tessuto socio-culturale, da sempre predisposto alla sperimentazione, alla diversità e all’apertura verso l’altro.
Riferimenti Bibliografici
- Amato F., Coppola P. (a cura di) (2009), Da migranti ad abitanti. Gli spazi insediativi degli stranieri nell’area metropolitana di Napoli, Guida, Napoli;
- Amato F. (2012), Le migrazioni internazionali in Campania. Dal transito alla stabilità, in Amato F. (a cura di), Etica, immigrazione e città. Uno sguardo sulla Napoli che cambia, University Press, Napoli;
- Cagiano de Acevedo R. (2007), Le migrazioni internazionali, Giappichelli, Torino;
- Caponio T. (2006), Città italiane e immigrazione, Il Mulino, Bologna;
- Caritas (2004), Dossier Statistico 2004, Anterem, Roma;
- Cataldi G. (2006), Pluralità di culture e universalità dei diritti umani: alcune osservazioni, in “Quaderni Iila”, No. 30;
- Censis (2004), 38° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, Censis, Roma;
- Franzini M. (2012), Finanza, in “Parole chiave”, n. 48;
- Herman Rodriguez C. E. (2013), La tutela dei nativi dell’America Latina tra diritto interno e diritto internazionale, in Cataldi G. & Grado V. (a cura di), Diritto internazionale e pluralità delle culture, Editoriale Scientifica, Napoli;
- Mazzei F. (2012), Relazioni internazionali, Egea, Milano;
- Melotti U., Petilli S. (a cura di) (1993), Immigrazione in Europa. Solidarietà e conflitto, Ceddis, Roma.
Foto: Presencia de America Latina (CC BY-NC 2.0) by kewing
Ottimo articolo!
l’impatto delle ondate migratorie ha portato a una comòlessa gestione e modifica delle regole del diritto amministrativo
Molte grazie, Cosimo.
Ti segnaliamo che stiamo lavorando a un nuovo contributo sul tema delle migrazioni internazionali, a cura del Prof. Herman.
Nel frattanto, per ulteriori approfondimenti ti rimandiamo ai lavori del Prof. Herman e degli autori menzionati nei riferimenti bibliografici, unitamente agli altri articoli sul tema già pubblicati dal CED.
A presto,
La redazione del CED – Center for Economic Development & Social Change