Il CeRIIS (Centro di Ricerche Internazionali sull’Innovazione Sociale), costituito in seno all’Università Luiss Guido Carli e sostenuto dalla Fondazione ItaliaCamp, pubblica il “Secondo Rapporto sull’Innovazione Sociale” raccogliendo e analizzando esperienze del fenomeno dell’innovazione sociale nel panorama italiano e tracciando modellizzazioni teoriche.
La ridondanza di termini quali “innovazione” e “sociale” nel dibattito scientifico e nell’opinione pubblica crea ambiguità nella messa a fuoco di un fenomeno complesso ed emergente come quello della social innovation. Per questo, emerge la necessità di tracciarne caratteristiche analitiche, profili di manifestazione, modellizzazione e studio delle esperienze situate. Diventa particolarmente importante identificare esperienze e profili di evoluzioni e nuove proposte per lo sviluppo sostenibile, e allo stesso tempo analizzare dinamiche politiche e di partecipazione volte al bilanciamento e al rafforzamento delle sinergie tra pubblico, privato e terzo settore; queste azioni assumono un ruolo fondamentale nell’individuare le prospettive del cambiamento economico e sociale in atto nella nostra società. Secondo una definizione del progetto di ricerca europeo TEPSIE (Theoretical, Empirical and Policy Foundations for Social Innovation in Europe):
Le innovazioni sociali sono “nuove soluzioni (prodotti, servizi, modelli, mercati, processi, ecc.) in grado di soddisfare un bisogno sociale in modo più efficace rispetto alle soluzioni esistenti, attraverso relazioni nuove o migliorate e lo sfruttamento innovativo di beni e risorse”.
In questo senso l’“innovazione” non è semplicemente sinonimo di novità in senso assoluto ma piuttosto in un senso situato e comparato, si colloca nella capacità di prendere in carico un bisogno collettivo in maniera più efficiente, non solo in termini di utilizzo di beni e risorse ma soprattutto di impatto sociale. Per questo, l’innovazione è sociale non solo nei fini, ma anche nei mezzi. La portata innovativa della social innovation è soprattutto relazionale e consiste nel creare discontinuità con un modello organizzativo duale, verticale e di un dato territorio, settore o campo di azione, e ha a che fare con la distribuzione del potere e della partecipazione nella configurazione di relazioni e ruoli tradizionali.
In questo contesto, la liberazione di energie inutilizzate diventa un passaggio fondamentale, e avviene superando i limiti della path-dependence, ossia della possibilità che una serie di attori ha di contribuire al processo di produzione di ricchezza in un determinato contesto sociale e comunitario, modificando spontaneamente una situazione di status quo esistente. Lo studio del CeRIIS ci mostra quanto la letteratura sull’innovazione sociale (IS) la immagini come strumento di cambiamento sistemico capace di modificare percezioni, comportamenti, strutture sociali e produttive e di tracciare da una parte l’alternativa funzionale all’azione delle istituzioni e dall’altra alle logiche di mercato, includendole nei processi.
L’IS diventa l’emblema di un nuovo modo di concepire il rapporto tra attore pubblico, attore privato e cittadino, in una dinamica nella quale lo sviluppo di forme di collaborazione e partecipazione attiva da parte delle comunità e della società civile è in grado di ridisegnare le politiche pubbliche e immaginare forme alternative di governance, superando le rigidità del contenimento della spesa pubblica da una parte e del fallimento del modello produttivo industriale dall’altra.
L’IS diventa l’emblema di un nuovo modo di concepire il rapporto tra attore pubblico, attore privato e cittadino, in una dinamica nella quale lo sviluppo di forme di collaborazione e partecipazione attiva da parte delle comunità e della società civile è in grado di ridisegnare le politiche pubbliche e immaginare forme alternative di governance.
Ma quali sono gli elementi caratteristici della social innovation? Lo studio del CeRIIS individua sei caratteristiche fondamentali per definire l’innovazione sociale:
- migliore soddisfazione di un’esigenza collettiva;
- innovazione delle relazioni tra gli attori economici e sociali e dei loro ruoli;
- tecnologie;
- miglior uso di beni/risorse disponibili;
- impatto strutturale;
- forza economica.
Rispondere a un’esigenza collettiva trascurata traducendola in domanda o accoglierla in maniera più soddisfacente è il fine al quale ambisce un’azione di social innovation, configurandosi fin da subito come innovazione, a partire dalla gestione della governance del processo.
Il coinvolgimento attivo dei soggetti beneficiari e la creazione di valore condiviso e di vision intorno al fine sociale che si vuole raggiungere, permettono di costituire nuove relazioni tra attori economici e sociali aventi nature spesso molto diverse tra loro, i cui ruoli si definiscono in base all’apporto che ognuno dei soggetti coinvolti è pronto a mettere in campo. La necessità di prossimità di relazioni tra attori diversi che di norma frequentano luoghi non interconnessi spinge alla creazione non solo di nuove reti di relazione ma di nuovi spazi chiamati third places, luoghi utilizzati per socializzare in maniera informale o attraverso canali non convenzionali, dove la tecnologia (soprattutto l’ICT) diviene elemento abilitante e si configura come vera e propria etica. Abilitare fasce di attori economicamente o socialmente deboli, fasce quindi passive ed escluse dal processo di partecipazione, o ancora attrarre soggetti di rilevanza economica nella presa in carico di esigenze collettive, significa intervenire in maniera strutturale sul miglioramento di un problema sociale; questo è uno degli aspetti cruciali che distingue l’IS da altri tipi di azione che affrontano problemi sociali più generici. L’impatto deve essere “strutturale” nel senso che l’innovazione sociale può ritenersi tale quando genera un cambiamento rilevante in termini di intensità, diffusione e durata degli effetti, e quando vanta una certa “forza economica”, vale a dire quando genera un valore riconosciuto da un mercato o più precisamente quando riesce ad attrarre in maniera strutturata le risorse finanziarie necessarie dai soggetti che coinvolge direttamente o indirettamente.
Abilitare fasce di attori economicamente o socialmente deboli significa intervenire in maniera strutturale sul miglioramento di un problema sociale; questo è uno degli aspetti cruciali che distingue l’IS da altri tipi di azione che affrontano problemi sociali più generici.
L’innovazione sociale in Italia
La ricerca di tipo qualitativo è stata condotta raccogliendo dati attraverso keyword mirate ad individuare attori e progetti di IS in Italia su due principali motori di ricerca: Google e Bing. Considerando le prime tre pagine di ricerca ed i relativi link è stato composto un database di 462 casi. Per ciascuna casistica sono stati riportati dati generali e impostati vari criteri di analisi, tra cui: ambito di rilievo sociale, tipo di innovazione realizzata mediante il progetto, tipologia di soggetto promotore, tipologia di soggetto attuatore e sostenibilità economico finanziaria.
Gli ambiti specifici di rilievo sociale che sono stati individuati, e nei quali si ritiene possibile collocare le iniziative di innovazione sociale sono:
- assistenza sanitaria;
- assistenza sociale;
- integrazione sociale;
- formazione, inserimento e sviluppo professionale;
- miglioramento dell’ambiente naturale;
- mobilità sostenibile;
- turismo sostenibile;
- valorizzazione dei beni culturali e sviluppo culturale;
- riqualificazione urbana e rivitalizzazione delle comunità periferiche in aree urbane/extraurbane; sharing e pooling e condivisione della conoscenza.
I settori nei quali le diverse iniziative di IS risultano maggiormente concentrate sono la sharing and pooling economy, assistenza sociale e integrazione sociale rispettivamente per il 19%, 17% e 16% del campione analizzato. La maggioranza dei progetti che si concentra nell’ambito della sharing and pooling economy riguarda per il 34% le piattaforme di condivisione di servizi e per il 23% il crowdfunding e il microcredito. Per l’assistenza e l’integrazione sociale, i progetti afferiscono a modelli organizzativi e gestionali per l’inserimento di figure svantaggiate: portatori di handicap (41%), immigrati (4%), sostegno agli anziani (5%), housing sociale (12%).
Per tipologia di innovazione
L’innovazione relazionale è rintracciata con maggiore evidenza in progetti nell’ambito dell’assistenza sociale, della sharing and pooling economy e dell’integrazione sociale rispettivamente per il 35%, 15% ed 11% con una scarsissima presenza in ambito di turismo e mobilità sostenibile e assistenza sanitaria. Relativamente all’innovazione tecnologica, la maggior parte dei progetti viene realizzato per il miglioramento dell’ambiente naturale (27%), per la formazione, per l’inserimento e lo sviluppo professionale (18%) e l’integrazione sociale (18%), con al 2% assistenza sociale, valorizzazione dei beni culturali e riqualificazione urbana.
Per tipologia dei soggetti coinvolti
Gli attori dei progetti analizzati sono stati distinti in promotori delle iniziative di innovazione sociale, impegnati cioè nel creare le condizioni favorevoli alla realizzazione del progetto, e concreti attuatori delle stesse. I soggetti possono essere distinti in:
- imprese: nelle quali rientrano sia le imprese private che quelle sociali;
- non-profit organization: le quali comprendono associazioni, fondazioni, cooperative sociali, enti non commerciali;
- attori pubblici: comuni, province, regioni, ed in generale lo Stato;
- comunità: intesa quale categoria generale di appartenenza delle persone fisiche.
Il ruolo assunto dai diversi attori nell’IS è stato intrecciato alla tipologia di innovazione attuata distinguendola tra tecnologica e relazionale. In questo quadro imprese (20%) e non-profit (50%) si collocano ai vertici della classifica in quanto attuatori e promotori di progetti con una forte valenza relazionale, di contro ad uno scarsissimo contributo del settore pubblico come promotore delle stesse (1%); il soggetto pubblico, invece, è significativamente presente come promotore di innovazione tecnologica. Pur conservando il primato del non-profit, nelle innovazioni tecnologiche dunque c’è una forte presenza del settore pubblico come promotore al 39% e delle comunità ed imprese nel ruolo di attuatore al 20%.
Per sostenibilità economica
La sostenibilità economico-finanziaria è stata rilevata raccogliendo informazioni pubbliche sui flussi in entrata costanti e duraturi rispetto al ciclo di vita dei progetti analizzati, distinguendo questi ultimi in primis in due categorie: ad alta o bassa sostenibilità. Il 54% dei progetti del campione riporta una fragilità economico-finanziaria, dato che non si discosta poi molto da quello che raccoglie progetti con una maggiore forza economica, al 46%.
Più nello specifico, la maggior parte dei progetti appartenenti alla sharing and pooling economy e all’assistenza sociale risultano caratterizzati da un’alta sostenibilità economico-finanziaria (rispettivamente per il 59% e l’81%), mentre nel caso dell’integrazione sociale il 74% delle iniziative appartenenti a questo contesto risulta non sostenibile.
I finanziamenti d’innovazione sociale in Italia
La distinzione è stata fatta tra finanziatori pubblici (ministeri, comuni, province o regioni), finanziatori privati (aziende e associazioni) e fondazioni (fondazioni operative e fondazioni di erogazione). I dati evidenziano una preponderanza di finanziamenti da parte di attori pubblici (pari al 47%), seguiti da finanziamenti erogati da fondazioni (29%) e attori privati (24%). Più della metà dei bandi (il 65%) è dedicato al finanziamento di nuove imprese (startup), mentre il 24% dei bandi è rivolto a progetti che richiedono finanziamenti dedicati alla crescita dell’iniziativa indicata. La ricerca rappresenta solamente l’1%. L’analisi settoriale dei finanziamenti mostra una predominanza di alcuni temi rispetto agli altri: il settore dell’assistenza sanitaria e dell’healthcare è il settore maggiormente finanziato, seguono subito dopo i servizi di welfare, le smart technology come tecnologie abilitanti e il turismo, evidentemente di grande rilievo per il contesto italiano. Come dimostrato da circostanze precedenti, di fronte all’emergere di innovazioni rivoluzionarie il principale investitore risulta essere lo Stato che per primo gioca il ruolo più importante in termini di rapporto tra rischio e investimento.
Di fronte all’emergere di innovazioni rivoluzionarie il principale investitore risulta essere lo Stato che per primo gioca il ruolo più importante in termini di rapporto tra rischio e investimento.
In conclusione, nelle esperienze di innovazione sociale in Italia emerge che il ruolo di spicco è assunto dal mondo del non-profit, soprattutto in quanto attuatore di progetti spesso caratterizzati da una forte matrice di innovazione relazionale. Il soggetto pubblico conserva però il suo primato nel ruolo di “istituzionalizzatore” dell’innovazione sociale in quanto primo finanziatore delle iniziative di IS. La prospettiva delle politiche a sostegno dell’innovazione sociale diventa quella di promuovere questo asse con continuità, nel lungo termine ed in maniera strategica. Lo scopo ultimo è quello di stimolare ulteriori investimenti di attori economici, al fine di plasmare una nuova generazione di imprenditori, operatori e innovatori sociali che a loro volta si facciano portatori di una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica e nelle comunità, e che siano in grado di diventare agenti di cambiamento per la nostra società.
Scopo ultimo è quello di stimolare ulteriori investimenti di attori economici, al fine di plasmare una nuova generazione di imprenditori, operatori e innovatori sociali che a loro volta si facciano portatori di una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica e nelle comunità.
Per approfondire
- CeRIIS (2015), Secondo Rapporto sull’Innovazione Sociale in Italia – Modelli ed esperienze di innovazione sociale in italia, a cura di Matteo G. Caroli, Franco Angeli Editore;
- TEPSIE publication;
- The Young Foundation (2012) ‘Social Innovation Overview – Part I: Defining social innovation’. A deliverable of the project: “The theoretical, empirical and policy foundations for building social innovation in Europe” (TEPSIE), European Commission – 7th Framework Programme, Brussels: European Commission, DG Research, Report: Defining social innovation;
- Moulaert, F., Martinelli, F., Swyngedouw, E., e Gonzalez, S. (2005), Towards Alternative Model(s) of Local Innovation. Urban Studies, 42,11, 1969-1990;
- Oldenburg, R. (1989), The Great Good Place, Paragon House, New-York;
- Social Innovation Society (SIS).
Foto: “Innovation” (CC BY-SA 2.0) by boegh