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Uno studio pubblicato dalla commissione TRAN – Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo analizza l’impatto della sharing economy sul settore del turismo europeo. Dopo una valutazione di tipo contenutistico sull’“economia della condivisione” (definizione, portata e sviluppo), il rapporto analizza vantaggi e svantaggi della sharing economy individuando le sfide da affrontare e le opportunità da cogliere per inserire la sharing economy in un percorso di sviluppo socio economico. Negli ultimi anni, soprattutto tramite la diffusione e l’innovazione della tecnologia, alcune comuni pratiche di condivisione di beni e servizi sono cresciute esponenzialmente strutturandosi in un informale modello economico che rompe i canoni dell’economia convenzionale.
Parliamo della sharing economy, quell’insieme di pratiche, modelli e piattaforme che, attraverso la tecnologia e l’appartenenza ad una comunità, permette a singoli individui, organizzazioni e aziende di condividere, almeno in parte, l’accesso a beni e servizi.
Quest’insieme di esperienze, nella sua forma primordiale, comprende piattaforme profit e no profit e si basa principalmente su reti peer to peer ossia reti paritarie nei quali i soggetti fungono tanto da clienti quanto da serventi, instaurando così un processo di valorizzazione di capitale fisico e umano (lavoro) altrimenti inutilizzato. Tipici esempi di modelli di sharing economy si riscontrano nei settori dell’ospitalità e del trasporto. Nell’ambito del turismo alcune delle realtà di successo offrono proposte per il settore ricettivo, come Airbnb che permette di concedere in affitto per i visitatori di breve periodo una stanza della propria casa o l’intero immobile. Nel ride sharing, invece, si sono affermate piattaforme che mettono in contatto passeggeri ed autisti fornendo un servizio di trasporto automobilistico privato, offrendo forme di trasporto locale urbano, come nel caso di Uber, o extra-urbano per realtà come Blablacar.
Fonte: “Share” (CC BY-NC 2.0) by LexnGer
Il rapporto della Commissione TRAN, incaricata degli affari legati al turismo e ai trasporti, esplora la sharing economy secondo alcune linee di ricerca:
• situazione attuale e sviluppo della sharing economy nel settore del turismo;
• vantaggi e svantaggi dell’economia della condivisione in relazione ai principi della politica comunitaria sul turismo;
• best practices di “turismo alternativo” e come quest’ultimo si differenzia da quello tradizionale.
La sharing economy è cresciuta rapidamente negli ultimi anni, con un valore stimato di 26 miliardi di dollari nel 2013; una cifra che costituisce lo 0,035% nel contesto dell’economia globale e l’1% nel settore del turismo mondiale con la presenza di alcune piattaforme in rapida crescita e altre che hanno raggiunto un elevato grado di maturità economica. All’inizio del 2015 esistevano circa 500 piattaforme di sharing economy legate al turismo; di queste, l’11% era relativo all’alloggio, il 50% ai trasporti e il 39% al tempo libero.
Nella concorrenza tra le piattaforme di condivisione, lo studio mette in luce tre tendenze. La prima è una tendenza all’oligopolio che lo studio definisce con il principio del “the winner takes all”: il crescente volume di annunci su una piattaforma determina maggiore valore aggiunto per i clienti e un costo marginale decrescente per i nuovi annunci (virtualmente l’aggiunta di un nuovo annuncio ha un costo pari a zero), creando così un sistema in cui il vincitore prende tutto determinando la concentrazione del mercato. La seconda rileva come piattaforme inizialmente no profit tendano a spostarsi verso modelli con fini di lucro quando iniziano a ottenere un certo successo e attrazione da parte degli investitori. Infine, dal puro sharing peer to peer (rapporto tra pari) ci si muove verso il business-to-peer (rapporto azienda-consumatore) ossia il tipico modello contrattuale del commercio dell’economia formale; da quest’ultimo punto di vista, le pure piattaforme di sharing economy costituiscono un motore per la crescita e innovazione dell’economia convenzionale.
Fonte: venetoup.com
Per la nascita e lo sviluppo di piattaforme di sharing economy si rende necessaria la presenza dei fattori sotto elencati:
• innovazione tecnologica, che è il driver principale per la crescita delle piattaforme di condivisione;
• motivazione negli attori della condivisione, ad esempio responsabilizzazione, apertura ed altruismo;
• fattori economici rilevanti, quali un costo marginale quasi pari a zero, che tendono principalmente a segnare il passaggio da un modello no profit a uno profit;
• pressioni ambientali, ad esempio i cambiamenti climatici e lo sfruttamento delle risorse;
• nuove istituzioni digitali, come i meccanismi di feedback e monitoring reciproco.
I principali problemi che la Commissione ha messo in luce relativamente alla sharing economy riguardano l’evasione di regolamenti, licenze e tasse con conseguenze quali mancate entrate fiscali, svantaggi per i piccoli competitor, maggiore libertà di azione rispetto al campo dell’economia convenzionale e un aumento dei rischi per produttori e consumatori.
La mancanza di controllo e monitoraggio istituzionale in termini di tasse, licenze, certificazioni, sicurezza, responsabilità e fiducia, tiene lontano da ogni volontà e prospettiva governativa la promozione di un modello puro di sharing economy.
Naturalmente l’Unione Europea non può ignorare l’esistenza degli scambi che avvengono tramite piattaforme di condivisione, e dunque alcune soluzioni di compromesso si rendono necessarie. La Commissione raccomanda l’applicazione di una governance che bilanci tra il potere innovativo delle piattaforme di condivisione e i loro connessi svantaggi sociali ed economici; le principali strategie da adottare consisterebbero nel formulare linee guida UE per le DMOs (Destination Management Organizations, strutture organizzative che indirizzano l’operato degli attori locali dando esecuzione alla politica turistica decisa a livello di governo del territorio), sviluppare e aggiornare un database di best and bad practices, installare un i-team di innovazione nel settore del turismo, utilizzare i principi che strutturano la sharing economy per la governance della stessa, promuovendo in primo luogo una maggiore comunicazione tra governi, cittadini e stakeholders coinvolti nell’economia della condivisione.