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Business Innovation Center è il nostro nome. Città della Scienza è una struttura complessa che nasce diversi anni fa, quando “l’innovazione” era la forza di avere in uno stesso luogo più funzioni. Oggi, la situazione è cambiata: ci si specifica, si costruiscono nicchie che si occupano di aspetti singoli; tuttavia, la nostra realtà è nata in un certo modo, e su quella strada continuiamo a procedere.
All’interno di Città della Scienza, oltre alla funzione più conosciuta − la realtà museale messa in “stand-by” il 4 marzo di circa tre anni fa e in pista di lancio con la ricostruzione del museo e l’inaugurazione di “Corporea”, quello che doveva essere l’ultimo edificio di città della Scienza (il museo dedicato al corpo umano) e che di fatto sarà il primo, in questo eterno rincorrersi tra chiusura del cantiere e altre questioni – vi è un dipartimento che si chiama, appunto, BIC (Business Innovation Center), una denominazione europea che riconosce a livello comunitario le strutture che si occupano di innovazione e che soprattutto condensano in un unico ambiente quello che chiamiamo ecosistema. Questo è il tema di cui vi vorrei parlare.
È molto stimolante. Vi ringrazio per l’occasione che ci offrite per ragionare e discutere insieme, soprattutto in una chiave prospettica: ragionando di futuro. Noi abbiamo cominciato a ragionare di futuro, rispetto al nostro lavoro, solo quando si è presentato un elemento endogeno, cioè la crisi. Fino a quel momento – e qui c’è una valida esponente, Antonella − il management è stato per diversi anni il nostro incubatore di imprese; ma, appunto in fase di crisi, da incubatore si è trasformato in polo di imprese. Per l’incubatore, vale la stessa logica dell’incubatrice per i bambini: chi nasce con qualche difficoltà viene aiutato, e quando l’aiuto è stato sufficiente, è pronto per guardare al mondo. In quel periodo di crisi, la natura dell’incubatore si trasformò momentaneamente, proprio perché intervenne un elemento esterno, che era quello della crisi. Non c’era un numero sufficiente di aziende interessate a quel modello di sviluppo, per cui si tentò di creare un forte network con le imprese. Questa sfida fu colta con successo: oggi, quel gruppo di imprese ha costituito qualcosa di unico a livello del Centro-Sud Italia, cioè un’area di post-incubazione. Le imprese che sono sopravvissute alla crisi crescono, continuano a crescere e lavorano su mercati internazionali: si sono delocalizzate a un chilometro e mezzo da Città della Scienza, hanno un bellissimo spazio in via Diocleziano, e lì continuano a lavorare e crescere.
Quest’opportunità ci ha dato modo di ripensare al nostro modello di incubazione. In quegli anni davamo assistenza alle imprese, soprattutto nel tenere i conti e far rispettare le varie scadenze: abbiamo capito che tutto questo, oggi, non serve più, almeno non in fase di startup. Il contributo fondamentale che stiamo dando adesso, e che riscontriamo essere positivo, è proprio quello dell’accompagnamento alla costruzione dell’idea di business: quindi, partiamo da una fase ancora precedente. Tant’è che abbiamo rivoluzionato il nostro approccio: se prima c’erano degli spazi riservati solo a imprese già costituite (ed erano degli spazi grandi, dai 60 m² in poi, quindi imprese di almeno tre, quattro o cinque persone, con clienti e fatturato), oggi abbiamo cambiato le regole del gioco. Abbiamo introdotto dei modelli di organizzazione del lavoro diversi – ovviamente, non inventati da noi – osservando altri esempi a livello europeo e internazionale; in questo modo, abbiamo avuto la possibilità di accogliere qualsiasi tipo di offerta di luogo di lavoro civile. Abbiamo delle postazioni che abbiamo definito di normal working, dove chiunque può venire e lavorare sulla propria area di business: si occupa la propria postazione e si lavora – assolutamente in modo gratuito – nella stessa logica dell’aula universitaria, prendendo posto se si arriva per tempo. Se poi si desidera un plus di servizi, offriamo invece una struttura definita di Coworking: un luogo dove si ha la propria scrivania, ma con il vantaggio e l’opportunità di potersi relazionare con le persone che si trovano nello stesso spazio. In questo modo, sono molte le dinamiche che si sono create all’interno del nostro incubatore: ad esempio, un ragazzo ha preso una postazione di coworking, e dopo un mese è andato a lavorare per l’impresa incubata. Tutto questo si lega, e integra, con un sistema di relazioni d’imprese più strutturate che fa da volano, ovvero ha la possibilità – lavorando su una soglia più alta – di avere commesse e clienti di un certo tipo, e può mettere in relazione lavorativa con chi, invece, sta nascendo da un punto di vista imprenditoriale.
Questo ragionamento, questo nostro cambio di modello organizzativo, lo abbiamo valutato avendo un osservatorio privilegiato, stando quotidianamente a contatto con persone che propongono idee, chiedono come elaborarle, cercano le risorse; abbiamo, quindi, mantenuto il passo coi tempi, anticipando, di fatto, un dibattito culturale assolutamente attuale, quello della sfida tra il Business plan e il Lean startup, due diversi modi di concepire la cultura d’impresa. Il Business plan è un modo più rigido: fino a qualche anno fa il lavoro dei nostri tutor era quello di portare l’impresa a produrre un Business plan, per poter andare in banca e ottenere i finanziamenti. Oggi, anche le banche sono piuttosto refrattarie da questo punto di vista − su questo si potrebbe fare un bel ragionamento con il Professor Balletta – e quindi si è sviluppato il tema del Lean startup, cioè la possibilità di partire subito. Vi spiego. Si parte da un’idea, si mettono in moto le connessioni che servono per strutturarla, e si arriva alla creazione del Minimum Viable Product (MVP): una demo che si può vedere e toccare, un prodotto effettivo. Se questo prodotto funziona lo si potrà sapere in tempo, così che sarà possibile misurare e capire dove si sono commessi errori e riprendere, in un moto circolare per cui ci si può realmente misurare.
Questo è un aspetto importante, che andrebbe detto più volte: le startup non sono aziende. Sono dei tentativi, dei laboratori, dei luoghi che fanno nascere un certo numero di connessioni: questo approccio permette di sviluppare una cultura d’impresa molto più sana, più collaborativa, che è alla base di un livello di emancipazione e innalzamento culturale capace di influire positivamente su tutto il sistema nel complesso.
Questo, in sintesi, è ciò che facciamo. Il primo Dicembre vi invitiamo a Città della Scienza per il Technology Biz, un salone dedicato all’innovazione e all’impresa: avrete la possibilità di venire da noi, conoscerci e mettervi in contatto con le tante realtà che fanno innovazione nella nostra città. Grazie.